05/03/23

MAJORANA-CASCINO: UN APPELLO ALLA COMUNITÀ E AI GENITORI DEI RAGAZZI DI PIAZZA ARMERINA

Nell’ultima settimana Piazza Armerina è stata alla ribalta della cronaca politica nazionale. Degli agenti in borghese, su segnalazione, entrano al Majorana-Cascino durante un’assemblea d’istituto autorizzata dalla preside e identificano i rappresentanti d'istituto che discutevano in videoconferenza con l’associazione ‘Meglio Legale’. 
 Si può o no essere d’accordo sul tema dell’assemblea, è legittimo. Ognuno è libero di pensarla come vuole, ed è necessario garantire pari dignità a tutte le opinioni. Certo, l’associazione ‘Meglio Legale’ non è un branco di hippie rimasti fermi agli anni ‘70, anzi è un’associazione che mette assieme esperti che studiano gli effetti negativi delle politiche proibizioniste. Forniscono una prospettiva alternativa al ‘le droghe fanno tutte male allo stesso modo’ che è imposta da politica e media, soprattutto conservatori. E’ un dibattito vivo e presente in molte altre parti del mondo e che non crea ormai più scandalo. 

Dicevo, si può essere o no d’accordo sul tema ma il mio punto è un altro. A Piazza Armerina, come in tanti altri posti ai margini del mondo civilizzato, ci sono poche associazioni e lo spazio di parola per i giovani è quasi inesistente. La scuola, a cui vengono delegate tutte le responsabilità che genitori e politica non vogliono o riescono ad assumersi, diventa l’unico spazio in cui discutere. “Gli studenti sono fiaccole da accendere con spunti di riflessione morale e sociale, e non solo vasi da riempire con nozioni accademiche”, dice giustamente nel suo comunicato la Preside del Majorana-Cascino Lidia Di Gangi. Quando lo si è fatto, quando si è provato ad accendere questa fiaccola, lo Stato (rappresentato da quei poliziotti in borghese) è entrato a scuola e ha intimorito gli studenti. Così magari la prossima volta ci pensano due volte prima di prendere iniziativa. 

Per questo motivo siamo finiti nelle prime pagine di tutti i giornali nazionali, e siamo stati argomento di discussione in televisione. Tutti hanno parlato di noi e in molti hanno preso posizione. In molti, ma non tutti. E’ passata quasi una settimana, ma né il Sindaco di Piazza Armerina né nessuno della sua amministrazione ha detto una parola su quello che è successo. Un mutismo che ha colpito la politica locale come il morbo nel libro Cecità di Saramago, e che appare sospetto soprattutto considerando lo stile comunicativo martellante cui la stessa amministrazione ha abituato la cittadinanza negli anni. Nel frattempo è arrivata la dichiarazione della Deputata dello stesso partito del sindaco (Fratelli d’Italia), il cui merito è contestabile su talmente tanti livelli che è anche superfluo discuterne. Viene il dubbio che i silenzi del sindaco e dell’amministrazione siano un assenso alle parole della parlamentare, che sarebbe grave visto il livello pessimo delle argomentazioni di quel comunicato. 

Il mutismo selettivo ha colpito però anche molti dei futuri candidati sindaco e molti altri politici di spicco con i relativi partiti, anche loro generalmente propensi a commentare qualsiasi fatto cittadino. Le uniche eccezioni sono i vertici cittadini, provinciali e nazionali del PD, che si sono schierati compatti in difesa del diritto di libera assemblea degli studenti. Riflettendo su questi silenzi sospetti, mi è subito venuta in mente la lettera della preside del Da Vinci di Firenze: “Il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a sé stessa da passanti indifferenti”. Ecco, oggi mi sembra di vedere nella gran parte della classe dirigente e politica cittadina quel passante che è rimasto indifferente ad un abuso di potere, girandosi dall’altro lato. Da sociologo, pensavo a come questa indifferenza venga nella maggior parte dei casi da uomini (nel senso di maschi) di mezza età, mentre assistiamo ad una sempre più grande esposizione delle donne: i casi delle due presidi, Annalisa Savino del Da Vinci di Firenze e Lidia Di Gangi del Majorana-Cascino di Piazza Armerina, sono emblematici. Questo mi lascia dedurre che saranno soprattutto le donne a guidare la lotta in difesa dei diritti (sociali e civili) in Italia nel futuro, e ne sono contento. 

Come ho scritto sopra, negli anni i giovani a Piazza Armerina sono stati relegati ai margini della comunità. Non solo, sono stati spesso criminalizzati e raccontati come scansafatiche che passano le loro giornate a sfasciare fermate del bus e campetti di calcetto. I fautori di questa narrazione sono spesso, manco a dirlo, uomini (nel senso di maschi) di mezza età col culo al caldo. Uomini che hanno vissuto in un’epoca in cui precarietà, emarginazione, declino demografico, crisi economica ed ambientale, erano molto meno rilevanti di quanto non lo siano adesso. Dall’alto delle loro posizioni di privilegio, l’élite cittadina (a tutti gli effetti una gerontocrazia) fa sfoggio di tutto il suo paternalismo e sfoga le proprie pulsioni sui giovani, per qualche like in più. 

Le politiche giovanili a Piazza Armerina non esistono, sparite dal dibattito da almeno 10 anni. Ai ragazzi con meno di 18 anni non viene proposto niente (tanto non possono votare, mi verrebbe da dire), mentre quelli con più di 18 partono quasi tutti (e quindi non possono votare neanche loro). Ho scritto qualche settimana fa che la provincia di Enna è quella con il tasso più alto di emigrazione all’estero, senza considerare chi emigra in altre parti d’Italia. Ai pochi giovani che restano gli si offre qualche mancia elettorale per tenerseli buoni, o li si continua ad ignorare. Chiedendo poi il voto ai loro genitori. 

Questo testo è soprattutto un appello alla comunità e ai genitori dei ragazzi di Piazza Armerina. Ricordatevi sempre, e non solo quando andrete a votare, di chi ignora i giovani, di chi li criminalizza e di chi tace quando su di loro vengono compiuti abusi. Di chi, per usare le parole della preside del Da Vinci di Firenze, resta indifferente perché gli conviene. Ricordatevene sempre.

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© Federico Filetti
Maira Gall