05/12/18

Bertolt Brecht - Nei tempi oscuri

Non si dirà: quando il noce si scuoteva nel vento
ma: quando l'imbianchino calpestava i lavoratori.
Non si dirà: quando il bambino faceva saltare il ciottolo piatto sulla rapida del fiume
ma: quando si preparavano le grandi guerre.
Non si dirà: quando la donna entrò nella stanza
ma: quando le grandi potenze si allearono contro i lavoratori.
Tuttavia non si dirà: i tempi erano oscuri
ma: perché i loro poeti hanno taciuto?

29/10/18

L'occidente, la tettonica a placche e u cori di liuni



Ieri più del 55 percento dei brasiliani che si sono recati alle urne hanno votato Jair Bolsonaro, il candidato di estrema destra che, con la sua retorica spudoratamente nazionalista, omofoba, maschilista e razzista, ha sottratto al Partito dei Lavoratori il favore dei giovani facendo en plain tra la medio-alta borghesia danneggiata dalla globalizzazione. Un segnale forte alle cancellerie di tutto il mondo occidentale, che ci avvisa – qualora ce ne fosse ancora bisogno – che dopo trent’anni di liberismo bipartisan e dieci di crisi la frustrazione sta trovando il suo sbocco politico a destra. La sera stessa, in una tanto famosa quanto vituperata trasmissione televisiva della rete ammiraglia pubblica italiana, un vecchietto di 93 anni con dei buffi occhiali arancioni ed una voce segnata da ottant’anni di tabagismo offre in prime-time una lettura della contemporaneità che resterà impressa nella memoria collettiva di questo Paese.

Jair Bolsonaro, sessantatré anni con un passato da militare, è da ieri il nuovo Presidente della Repubblica Federale Brasiliana. Membro del Partito Social-Liberale, ha guadagnato il 55,2 percento delle preferenze in un ballottaggio che lo ha visto sfidarsi con Fernando Haddad, candidato del Partito dei Lavoratori. Questo ballottaggio è stato visto da molti osservatori come un referendum sul partito di sinistra dopo la gestione fallimentare di Roussef, alla luce della corruzione dilagante e della recessione che ha colpito il Paese nel 2015 e nel 2016. Il neo-Presidente, pur ricevendo tempestivamente il plauso da Salvini, è stato oggetto di pesanti critiche da parte degli osservatori interazionali per le sue posizioni apertamente sessiste, razziste ed omofobe (riassunte egregiamente dai ragazzi di Vice Italia, che hanno pubblicato un video delle dieci dichiarazioni più controverse di Bolsonaro). In economia, le ricette spiccatamente liberiste a favore di pochi (possibilmente bianchi e già ricchi) promettono benefici anche ai milioni di poveri che abitano il Paese. Anche se la Storia ci insegna che non è così.

Da almeno un triennio, ossia dalla Brexit in poi, sono forti le scosse di assestamento che stanno colpendo le democrazie mature in giro per il mondo. Un movimento tettonico che sta radicalmente cambiando i connotati sociali ed i relativi assetti politici di un gran numero di Paesi “ricchi”. La crisi ha impattato sulla stabilità di questi Paesi e la loro resistenza al cambiamento si è rivelata causa di un rinnovato spirito reazionario. Quello di “Make America Great Again”, per intenderci.
Se gli effetti di breve periodo della crisi avevano portato ad una crescita esponenziale dei movimenti marcatamente di sinistra (basti pensare alla doppia elezione di Obama nel 2008 e 2012, alla crescita di Syriza, di Podemos e del Movimento 5 Stelle delle origini), gli effetti di lungo periodo hanno provocato un rigurgito reazionario che dal 2016 è iniziato ad esploderci tra le mani.
Trump, Le Pen (ma qualcuno potrebbe aggiungere anche Macron), Salvini e, per ultimo, Bolsonaro sono nient’altro che il risultato del movimento tettonico di cui sopra, che ha origine nelle mancanze di una sinistra che ha colpevolmente iniziato ad inseguire capitalismo, competizione e diritti civili, trascurando i diritti sociali. La disintermediazione data da internet, la banalizzazione del pensiero complesso e l’assenza di memoria storica hanno fatto il resto.

Però succede anche che la stessa sera in cui un estremista di destra diventa Presidente di un Paese dall’altro lato del mondo, a casa nostra, in un’apatica e fredda domenica d’autunno, un vecchietto ipovedente di novantatré anni vada ospite del programma di punta della Rete ammiraglia indossando degli occhiali arancioni manco fosse David Bowie. Il vecchietto in questione, Andrea Camilleri, inizia a parlare con voce lenta e visibilmente consumata da un numero incalcolabile di sigarette. Parla di “Conversazione su Tiresia”, il suo ultimo spettacolo andato in scena l’11 Giugno al Teatro Greco di Siracusa e che sarà prossimamente al cinema. Discute della sua cecità, e dei vantaggi che essa provoca.
Dice: «Mi reputo fortunato ad essere cieco, per non vedere certe facce ributtanti che seminano odio, che seminano vento. E che raccoglieranno tempesta».
Il riferimento, per niente nascosto, è a quella politica che fa della paura il volano del suo successo e di cui Salvini è portabandiera.
Commentando le parole della Senatrice Segre, creatrice di una Commissione Parlamentare sui fenomeni di intolleranza, razzismo ed antisemitismo che aveva parlato di “fascistizzazione del senso comune che ottant’anni fa ha coperto di vergogna l’Italia“, dice che «dovrebbero essere dette e scritte dentro ogni scuola. La cosa terribile è che stiamo educando una gioventù all’odio».
Parlando di migrazioni domanda a chi lo ascolta: «Perché, in fondo, l’altro deve essere diverso da me? L’altro non è altro che me stesso allo specchio».
Camilleri ha parlato delle grandi contraddizioni del nostro tempo con l’elasticità mentale di un giovane. Un giovane che prega i suoi coetanei di impegnarsi e di illudersi, come antidoti all’apatia e alla disillusione.

Dopo ieri, dopo il risultato delle elezioni brasiliane e dopo l’intervista di Camilleri, due strade sembrano tracciate in maniera netta ed irreversibile. La prima, scavata dal movimento delle placche tettoniche, che tra breve tempo distruggerà l’assetto del mondo occidentale per come lo abbiamo conosciuto dalla seconda guerra mondiale in poi. La seconda, quella che ci suggerisce Camilleri, è impervia e militante, è una strada che reagisce alla deriva. Quel “cori di liuni” pronunciato in diretta dallo scrittore che tanto assomiglia al foscoliano “Spirto Guerrier”. Dopo ieri sera, dopo l’elezione di un ex militare a Presidente di un Paese dall’altro lato del mondo e il quasi contestuale monologo di un vecchio cieco in televisione, siamo irrimediabilmente obbligati a decidere quale delle due strade percorrere.

Federico Filetti

27/09/18

La storia di un giovane senegalese sbarcato in Sicilia diventa un libro fotografico. Online la campagna di raccolta fondi.


“Durante la traversata nel deserto ho visto molte persone implorare i trafficanti per avere un po’ d’acqua, e ne ho viste altre cadere dal furgone ed essere abbandonate per strada. Molte delle persone che ho conosciuto durante il viaggio mi hanno raccontato di amici e parenti morti a causa della sete e della stanchezza.
In un pick-up che viaggia a tutta velocità sotto il sole più caldo del mondo, e per di più con trenta persone dentro, succedono cose che sono difficili da raccontare. E succedono perché, anche se sei circondato da gente che condivide il tuo stesso destino, quando sei su quel furgone devi pensare solo a te stesso”.
Arouna Diouf

Never Stop è un libro fotografico che racconta la storia del giovane Arouna Diouf, un ragazzo senegalese che a diciassette anni decide di lasciare la sua vita e i suoi affetti per inseguire il sogno di una vita dignitosa in Europa.

Never Stop è la storia del suo viaggio attraverso l’Africa, della prigionia in Libia e della sua nuova vita in Sicilia, fino all’incontro con il fotografo siciliano Carmelo Stompo. Carmelo ha incontrato Arouna per le strade di Catania, tre anni fa, in un luogo in cui dormivano uomini e donne che non hanno un tetto, una famiglia e che non hanno amore. Come durante il viaggio nel deserto, Arouna era circondato da tante persone, ma era profondamente solo. Da quell’incontro nasce Never Stop, un progetto che Carmelo ed Arouna hanno costruito insieme, mattone su mattone.
E’ un libro che racconta la storia di tutti gli ultimi del mondo e che descrive in maniera semplice e diretta la loro ambizione e la loro voglia di riscatto, per far riflettere soprattutto chi non riesce ad empatizzare con queste ragazze e questi ragazzi.

Per dare la possibilità ad Arouna di raccontarsi, Never Stop è sbarcato su Ulule, la più importante piattaforma di crowdfunding d’Europa: chiunque può finanziare il progetto attraverso delle donazioni, ricevendo delle ricompense che variano in base all’ammontare del contributo. Con una donazione di dieci euro sarà possibile ricevere una borsa ed una foto inedita, mentre con quaranta euro si riceverà il libro. Il ricavato, rendicontato con chiarezza sul sito, servirà a pagare i costi di produzione del libro e a pagare l’affitto di una stanza al giovane Arouna per la durata di un anno, dandogli così la possibilità emanciparsi. La restante parte verrà utilizzata per finanziare la mostra che lancerà il progetto a Catania. Per maggiori informazioni, è possibile visitare la pagina di Never Stop presente sulla piattaforma (ulule.com/never-stop).

Never Stop è il frutto di un grande lavoro di squadra che ha coinvolto, oltre Carmelo ed Arouna, molti giovani professionisti. Mattia Stompo, fotografo e videomaker con base a Londra, ha realizzato un film documentario che traspone in video la storia raccontata dalle fotografie di Carmelo. La colonna sonora del film è stata realizzata dal sound designer pugliese Luca Cannone. Federico Filetti, dottorando in sociologia a Parigi, ha curato i testi presenti nel libro e il racconto in cui Arouna parla della sua storia. Marco La Licata ha gestito la campagna di crowdfunding decidendo di realizzare la sua tesi di laurea magistrale sul progetto Never Stop. E’ stato fondamentale anche il contributo del fotografo brasiliano Carlos Freire.

Mercoledì 26 Settembre, il progetto è stato presentato al primo Pitch Pitch di Ulule che si è tenuto al Talent Garden di Poste Italiane a Roma, classificandosi secondo e ricevendo i complimenti dai presenti e dalla giuria. Lo scopo del Pitch Pitch è quello di mettere assieme le diverse realtà che si affidano alle potenzialità del crowdfunding per crescere, creando sinergie.

Le donazioni, che partono da cinque euro, possono essere effettuate già da adesso connettendosi sulla pagina del progetto. Un buon modo per usufruire di un’opera artisticamente molto valida, dando allo stesso tempo voce a chi è troppo debole per farsi sentire.

Inshallah Arouna!

04/08/18

La necessità di dissociarsi (dal M5S)



Pochi, ed io non sono certo tra questi, avrebbero scommesso all’inizio del 2018 sulla nascita di un governo formato da due forze con programmi opposti ed antitetica legittimazione popolare.
Pochi pensavano che l’ambientalismo delle battaglie NO TAV, NO MUOS e NO TAP, le istanze egalitarie insite nell’idea di reddito minimo garantito e nella Tobin Tax o la retorica della democrazia diretta come strumento per superare le distorsioni della democrazia rappresentativa avrebbero potuto (con)fondersi con misure ultra liberiste come la flat-tax.
Pochi pensavano che la forza politica che ha portato in Parlamento più giovani e donne nella storia repubblicana, categorie storicamente sotto-rappresentate e per questo più soggette a misure lacrime e sangue in periodi di recessione, avrebbe dialogato fino a creare un governo con una forza orgogliosamente machista, maschilista e classista.
Pochi avrebbero potuto predire che una fetta consistente dell’elettorato dei 5 Stelle avrebbe accettato acriticamente qualsiasi scelta del “leader” (parola scritta volutamente in minuscolo e volutamente virgolettata in quanto riferita a Di Maio).

Dopo la sua istituzionalizzazione, il Movimento 5 Stelle ha iniziato un percorso di crescita costante dal punto di vista numerico ma profondamente contraddittorio e discontinuo dal punto di vista ideologico. Per massimizzare la sua base elettorale, ha spinto con forza sulla retorica post-ideologica del “destra e sinistra non esistono più” (NB: destra e sinistra esistono eccome e i loro blocchi sociali sono più vivi e numerosi che in passato), accaparrandosi quindi voti di destra e di sinistra. L’exploit elettorale è stato ottenuto grazie alla coerenza verso molti dei punti della Carta di Firenze, ma dimostrando ambiguità su temi come la tutela delle minoranze etniche e religiose, il ruolo dell’Europa nel gestire il ciclo economico e le proposte economiche e sociali (come ho scritto ad inizio del 2017, attirando non poche critiche dalle tifoserie grilline).
Ritenevo improbabile (anche se non impossibile), e come me credo moltissimi delusi di sinistra attratti dalla spinta radicale ed innovatrice del Movimento 5 Stelle, che queste ambiguità avrebbero giocato un ruolo centrale nella formazione dell’alleanza con la Lega.
Credevo, forse ingenuamente, che la destinazione più naturale del Movimento 5 Stelle fosse a sinistra-della-sinistra, in un nuovo e grande polo europeo con dentro Podemos, Syriza, Melenchon e il Labour di Corbyn (questo auspicavo nel 2015, in un articolo scritto alla vigilia del referendum greco). E ne ero convinto semplicemente perché gran parte del programma dei 5S è di sinistra e gran parte degli elettori dei 5 Stelle è costituita dagli outsider, le categorie sociali danneggiate dalla globalizzazione ed abbandonate dai partiti social-democratici tradizionali perché è più comodo fare gli interessi dei padroni che quelli dei poveracci.
Credevo che la componente intollerante, formata dagli urlatori da tastiera, dai NO VAX e dai complottisti, fosse minoritaria all’interno della galassia 5 Stelle e per questo non decisiva nell’indirizzo dell’azione governativa.
Mi sbagliavo su tutta la linea.
Come in qualsiasi sistema complesso, però, i processi di causa-effetto vengono influenzati da un grande numero di variabili. E sono indubbie, in questo contesto, le responsabilità del centrosinistra peggiore che la storia ricordi, che ha preferito ingozzarsi di popcorn consegnando il Paese nelle mani dei fascisti invece di indirizzare il consenso di massa dei 5 Stelle verso i binari del riformismo di sinistra.

Il risultato è la nascita di un governo Frankenstein, in cui il partito più piccolo gioca da ago della bilancia negli equilibri di maggioranza con una spavalderia degna dei partitini del 3% all’epoca del proporzionale.
Quanto ai fatti, se è vero che qualche timido provvedimento “di sinistra” a firma M5S come il Decreto Dignità - spacciato dai filo-governativi come qualcosa di rivoluzionario - è stato messo all’ordine del giorno, è vero anche che l’azione di questa prima parte di legislatura è stata dettata dalla Lega.
La Lega ha preso il controllo dell’agenda di governo complici l’inesperienza e l’inadeguatezza della nomenklatura grillina e la scaltrezza del Ministro dell’Interno, che a colpi di tweet ha monopolizzato il dibattito pubblico indirizzandolo verso i temi a lui cari – principalmente migranti e sicurezza – guadagnando tantissimo consenso in poco tempo. Salvini ha fomentato e continua a fomentare l’indole intollerante di una parte consistente della popolazione, ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Con buona pace di Marco Travaglio  - che, riscoprendosi pompiere, ad ogni suo editoriale ci ricorda quanto sia importante separare le due componenti partitiche nella valutazione dell’azione della maggioranza -, il giudizio sull’azione governativa deve prendere in considerazione l’unità delle forze che lo compongono, nonostante l’indiscutibile differenza genetica che separa Lega e M5S.

Chi, ed io sono tra questi, ha ingenuamente creduto che la componente di sinistra nel Movimento 5 Stelle fosse maggioritaria è obbligato a dissociarsi dall’operato di questo governo anticamera del fascismo e da tutte le altre forze politiche che con le loro scelte ne hanno legittimato l’ascesa.
Chi vede nell’eguaglianza e nella giustizia sociale i propri principi cardine, deve da adesso combattere da apolide politico l’operato di questo governo attraverso azioni quotidiane di dissenso e sensibilizzazione, nell’interesse delle minoranze senza voce.
E’ necessario volgere un occhio attento all’attivismo dei sindacati di base, unici corpi intermedi sinceramente interessati alle sorti degli esclusi e per questo gli unici in grado di poter creare e normalizzare una nuova coscienza di classe in una società atomistica come quella del nostro secolo.
E’ allo stesso modo fondamentale prestare attenzione all’evolversi di quei movimenti, nati nel disagio di un mezzogiorno impoverito da dieci anni di crisi e da quaranta di malgoverno, che mettono al centro della loro azione solidarietà e mutualismo.
In un momento in cui pochi fenomeni sembrano avere un’evoluzione lineare, ciò che appare chiaro è che l’unico argine alla destra sia la sinistra. E anche se molti, quasi tutti, pensano che la sinistra non esista più, guardando bene è possibile scoprire che qualcosa di buono e nuovo sta nascendo. Dal basso ed in silenzio.

Federico Filetti

09/06/18

Aboubakar Soumahoro difende gli ultimi


Aboubakar Soumahoro è un sindacalista USB che difende i diritti dei braccianti agricoli, lavoratori la cui dignità viene calpestata a suon di stipendi da fame e ritmi di lavoro da schiavitù. E' quasi superfluo aggiungere che la maggior parte di questi lavoratori venga dall'Africa.

Aboubakar ha preso parte allo sciopero indetto dal sindacato di base a San Ferdinando, in Calabria, in seguito alla barbara uccisione di Soumayla Sacko, bracciante fucilato mentre si appropriava di alcune lamiere abbandonate per costruire la sua baracca. Ieri sera è stato intervistato da Diego Bianchi per Propaganda Live. Sentirsi politicamente rappresentati dalle parole di un sindacalista mezzo ivoriano e mezzo italiano è stato come mettere assieme tutte le contraddizioni di questo Paese e demolirle in 0.5 secondi.

Il video della manifestazione inizia intorno al minuto 1.12.00 ed è seguito dall'intervista di Zoro ad Aboubakar, oltre che dall'intervista all'ex sindaco di Rosarno e a quella al sindaco di Riace (che ha fatto dell'accoglienza il volano dello sviluppo della sua città, diventando uno dei 50 uomini più influenti del mondo per la rivista Fortune, e che è stato recentemente additato come "uno zero" dal nostro ministro dell'interno).
Ve ne consiglio la visione, certo che sentiremo sempre più spesso parlare di Aboubakar Soumahoro nel prossimo futuro.

http://www.la7.it/propagandalive/rivedila7/propaganda-live-09-06-2018-243942

20/05/18

Monologue from 'Crave' by Sarah Kane

And I want to play hide-and-seek
and give you my clothes
and tell you I like your shoes
and sit on the steps while you take a bath
and massage your neck and kiss your feet and hold your hand
and go for a meal and not mind when you eat my food
and meet you at Rudy’s and talk about the day
and type your letters and carry your boxes
and laugh at your paranoia
and give you tapes you don’t listen to
and watch great films and watch terrible films
and complain about the radio
and take pictures of you when you’re sleeping
and get up to fetch you coffee and bagels and Danish and go to Florent and drink coffee at midnight
and have you steal my cigarettes and never be able to find a match
and tell you about the the programme I saw the night before
and take you to the eye hospital
and not laugh at your jokes
and want you in the morning but let you sleep for a while
and kiss your back and stroke your skin
and tell you how much I love your hair your eyes your lips your neck your breasts your arse your
and sit on the steps smoking till your neighbour comes home
and sit on the steps smoking till you come home
and worry when you’re late
and be amazed when you’re early
and give you sunflowers
and go to your party and dance till I’m black
and be sorry when I’m wrong
and happy when you forgive me
and look at your photos
and wish I’d known you forever
and hear your voice in my ear and feel your skin on my skin
and get scared when you’re angry
and your eye has gone red and the other eye blue
and your hair to the left and your face oriental
and tell you you’re gorgeous and hug you when you’re anxious
and hold you when you hurt
and want you when I smell you
and offend you when I touch you and whimper
when I’m next to you and whimper
when I’m not and dribble on your breast and smother you in the night and get cold
when you take the blanket and hot when you don’t and melt
when you smile and dissolve
when you laugh
and not understand why you think I’m rejecting you when I’m not rejecting you
and wonder how you could think I’d ever reject you
and wonder who you are but accept you anyway
and tell you about the tree angel enchanted forest boy who flew across the ocean because he loved you
and write poems for you and wonder why you don’t believe me
and have a feeling so deep I can’t find words for it
and want to buy you a kitten I’d get jealous of because it would get more attention than me
and keep you in bed when you have to go
and cry like a baby when you finally do
and get rid of the roaches
and buy you presents you don’t want
and take them away again
and ask you to marry me
and you say no again
but keep on asking
because though you think I don’t mean it
I do always have from the first time I asked you
and wander the city thinking it’s empty without you
and want what you want
and think I’m losing myself but know I’m safe with you
and tell you the worst of me
and try to give you the best of me
because you don’t deserve any less
and answer your questions when I’d rather not
and tell you the truth when I really don’t want to
and try to be honest because I know you prefer it
and think it’s all over but hang on in for just ten more minutes before you throw me out of your life
and forget who I am
and try to get closer to you because it’s a beautiful learning to know you
and well worth the effort and speak German to you badly and Hebrew to you worse
and make love with you at three in the morning
and somehow
somehow
somehow
communicate some of the overwhelming
undying
overpowering
unconditional
all-encompassing
heart-enriching
mind-expanding
on-going
never-ending
love
I have for you.

27/04/18

Socialismo e cultura - di Antonio Gramsci

"Bisogna disabituarsi e smettere di concepire la cultura come sapere enciclopedico, in cui l’uomo non è visto se non sotto forma di recipiente da empire e stivare di dati empirici; di fatti bruti e sconnessi che egli poi dovrà casellare nel suo cervello come nelle colonne di un dizionario per poter poi in ogni occasione rispondere ai vari stimoli del mondo esterno. Questa forma di cultura è veramente dannosa specialmente per il proletariato. Serve solo a creare degli spostati, della gente che crede di essere superiore al resto dell’umanità perché ha ammassato nella memoria una certa quantità di dati e di date, che snocciola ad ogni occasione per farne quasi una barriera fra sé e gli altri (…).

19/02/18

Siamo tutti antifascisti?



Qualche settimana fa, a Macerata, una ragazza di diciotto anni è stata uccisa e fatta a pezzi e quattro nigeriani sono stati accusati di omicidio, vilipendio e occultamento di cadavere. Il giorno dopo, un ragazzo di ventotto anni, in passato candidato con la Lega Nord, è andato in giro per la stessa città sparando a sei nigeriani e concludendo la sua azione dimostrativa con un saluto romano e un tricolore legato sulle spalle. Ciò che si credeva fosse il gesto di un pazzo si è rivelato essere il piano lucido di un estremista di destra atto a vendicare la barbara uccisione della ragazza.
Un gesto di razzismo durante una campagna elettorale in cui la parola “immigrazione” ha monopolizzato il dibattito pubblico, scavalcando per importanza qualsiasi proposta in tema di economia, uguaglianza o diritti. Ne sono prova le posizioni ambigue assunte dai partiti dichiaratamente appartenenti all’alveo più progressista dell’arco parlamentare.

Il Ministro Minniti ha ricevuto il plauso da parte delle forze di destra per aver fatto diminuire il numero di migranti che arrivano in Italia. Il costo di questo successo, come spiegato da Gino Strada, è quello di “consegnare i migranti nelle mani dei torturatori ed assassini” delle carceri libiche, luoghi in cui l’Agenzia delle Nazioni Unite per la difesa dei diritti umani ha rilevato la violazione dei più basilari diritti dell’uomo per più di ventimila persone, con la compiacenza delle Istituzioni Europee. Un peso sulla coscienza che siamo disposti a sostenere per evitare che la situazione sfugga di mano. Del resto, finché le violazioni dei diritti umani avvengono lontano dai nostri occhi è più semplice digerirle. Mors tua, vita mea.
La richiesta del sindaco PD di Macerata di non partecipare al corteo antifascista organizzato nelle ore successive all’attentato, appello promosso dallo stesso Minniti (che ha addirittura proposto di vietare ufficialmente la manifestazione), si inserisce perfettamente in questo contesto di illogicità politica.
Illogicità a cui contribuisce sostanzialmente anche il Movimento 5 Stelle, seppur strenuo difensore dei valori della Costituzione, quando per bocca del suo candidato premier chiede di “restare in silenzio e non strumentalizzare quanto accaduto”, perché “tanto il fascismo è morto e sepolto”.
E, in effetti, all’interno dei due partiti che si contendono la guida del Paese si è cercato così tanto di non strumentalizzare da essersi dimenticati di andare a sincerarsi delle condizioni di quei poveri ragazzi la cui unica colpa è quella di essere nati nella parte sbagliata del mondo. A differenza di alcuni rappresentanti di Liberi e Uguali, di Potere al Popolo e del dissidente Ministro Orlando. Amnesie di governo.
Ma perché le istituzioni di un paese nato dalle ceneri di una guerra civile, teatro in piena guerra fredda di svariati tentativi di colpi di stato di matrice fascista, sembrano preferire far finta di niente invece di identificarsi con decisione sotto la bandiera antifascista?
Roberto Saviano, in un articolo scritto per il The Guardian, ha risposto a questa domanda con poche, ma eloquenti, parole: “Per non perdere i voti dell’elettorato xenofobo: questa è la loro paura, la conseguenza di un sistema politico vuoto”.

In una politica schizofrenica, al fascismo si è risposto con la criminalizzazione della sinistra radicale e dei centri sociali quali principali e più vigorosi sostenitori dell’antifascismo. Si è risposto con il grido di “più sicurezza” e con la promessa di assunzione di diecimila poliziotti, invece di concentrarsi su come educare i cittadini a non commettere gli errori del passato, invece di promettere di migliorare la gestione dell’accoglienza nel rispetto dei diritti dei migranti. 
In questo contesto il ruolo dei media è stato di primo piano. Scrive a tal proposito Christian Raimo: “I giornali borghesi, di fronte al fascismo che avanza, si trincerano ogni giorno di più, dicendo che il popolo sbaglia, che non bisogna esagerare, che il fascismo è un allarme ingiustificato, che gli opposti estremisti no no gné gné, evocano il pericolo di uno scontro sociale che nonostante tutto non c'è, e non sanno riconoscere il fascismo nemmeno in uno con una zanna di lupo tatuata in fronte.
Quello che si ricorda sempre poco è che Mussolini arrivò al governo con la complicità di monarchici, nazionalisti e liberali ottusi che si erano persuasi che fosse meglio uno che aveva in mano le squadre d'azione che qualunque altra ipotesi.
Luigi Facta, il presidente del consiglio giolittiano nel 1922, prima fu sorpreso dalla marcia su Roma, poi accettò insieme al re di non proclamare lo stato d'assedio, e infine si accomodò tra quelli a cui il regime fascista non stava poi male e mantenne il suo posto da senatore”.
Questa implicita connivenza tra forze parlamentari e fascisti portò, tra le altre cose, alla delegittimazione degli intellettuali dell’epoca, Gramsci in testa, rei di non essersi asserviti alla causa del regime, classificati come dissidenti, usati come scudi per celare le malefatte del regime. Dinamica ricorrente nei periodi di crisi culturale è la banalizzazione del pensiero complesso ed articolato, attraverso cui prende forma la delegittimazione del ceto intellettuale. Un calderone in cui vengono gettati indistintamente le cause e gli effetti, le vittime e i colpevoli, per poi essere dati in pasto alle masse. Non riconoscere delle analogie tra il contesto passato e quello attuale significa lasciare terreno fertile alle forze reazionarie, che proprio dal clima di confusione ed insoddisfazione traggono linfa vitale (come testimoniato dal pauroso aumento degli episodi di razzismo e di violenza fascista).

Lo scopo di questo articolo è quello di rispondere alla domanda contenuta nel suo titolo.
Siamo tutti antifascisti? La risposta è no e le motivazioni non sono banali.
A parole tutti si dichiarano apertamente antifascisti e antiviolenti, ivi compresi i rappresentanti di alcune forze parlamentari nate in aperta continuità con quel pezzo di storia. Allo stesso modo in cui pezzi malati di classe dirigente si sono posti fintamente in discontinuità con la mafia. Dire di essere antifascista, esattamente come dire di essere contro la mafia, non ti rende né un antifascista, né un antimafioso. 
La domanda da porsi quindi diventa “sapremmo riconoscere un fascista se ne vedessimo uno?”. 
E’ ovvio che trovarsi davanti ad uno skinhead con la svastica tatuata sulla nuca renderebbe il compito più facile, così come sarebbe facile riconoscere un mafioso grazie ai baffi, la còppola ed il fucile in spalla. Ma quelli sono stereotipi utili più al cinema o al teatro, quasi come eredità della tradizione della commedia dell’arte.
Il fascismo e la mafia sono fluidi che assumono la forma del contenitore istituzionale che li ospita. Entrambi i circuiti si servono dell’instabilità e della debolezza culturale e usano la violenza per affermarsi. E, sia chiaro, spesso vestono in giacca e cravatta. 
Per questo è difficile riconoscerli. Per questo, sempre più spesso, gli si concede spazio mediatico e diritto di parola. 
Il non riconoscere l’indole violenta e prevaricatrice come loro approccio fondante, tollerarne l’intolleranza e giustificarne anche parzialmente le azioni vuol dire giocare ad un gioco in cui la probabilità di uscire sconfitti è altissima. La crisi economica e i suoi effetti di lungo periodo, la disintermediazione data da internet e la perenne divisione delle forze politiche anche nelle cause che dovrebbero essere comuni sono manifestazioni inequivocabili della condizione caotica dei nostri giorni. E bisognerebbe tenere presente che, nel caos, vige la legge del più forte.

Federico Filetti

04/02/18

Bora Vocal - Rone

Y'a pas de secret, quoi
Y'a pas de secret !
Y'a une vérité... simple, sobre... crue, quoi. Un truc...

Alain, "La Horde du Contrevent" tu la réussiras --uniquement, quoi-- uniquement si tu t'isoles. Si tu t'isoles, quoi. Tu comprends ce que ca veut dire "isoles" ? Isola, l'île quoi

Tu crées ton île, et tu l'évaste au maximum, quoi. Il faut que les gens soient extrêmement loin de toi, mais loin, parce que ton univers sera vaste, quoi, sera immense, sera énorme, sera énorme univers, quoi. Énorme puissance d'univers, quoi

Faut que Caracole il existe en toi complètement, qu'Erton Strochnis, il soit toi, quoi, que, que Pietro Della Rocca, tu le deviennes ! Et la goutte aussi, et tout l'univers et tout le vent, que tu vives complètement là-dedans, quoi

C'est ça qu'il faut et... y'a qu'ça qu'il faut. Et tu restes collé au vent, collé au vent, collé au vent, quoi. Et que tu te battes, que -tu-tu-tu, tu fasses aucune concession sur le reste, t'oublies tout quoi, t'es pas consultant, t'es rien, le consulting c'est d'la merde, quoi !

La seule chose qui ait de la valeur, c'est... c'est quand t'es capable de faire un chapitre comme celui-là, quoi. Ça, ça restera, ça mérite que tu vives, quoi. Tu peux vivre pour écrire ça, ouais. Là, ça mérite que tu vives, quoi -tu vois. Là, là t'es pas né pour rien, t'es nécessaire, quoi. T'es pas surnuméraire, comme dirait Sartre, t'es pas superflu, quoi. Là, là, là t'as une nécessité quand t'écris ça, quoi

La nécessité d'être, quoi... Et c'est ça qu'il faut tenir, mec

C'est ça qu'il faut putain de tenir, quoi. LACHE PAS LE MORCEAU. Te fais pas enculer, te fais pas disperser, te fais pas... fragmenter, fais pas de concession, quoi... Ya pas de concession avec la vie, quoi. Ya pas de concession, quoi. Tu vis, et faut vivre à fond

- C'est - c'est - c'est... (rire) la nécessité d'être. Et c'est ça qu'il faut tenir, mec

PUTAIN DE MERDE, quoi ! C'est quand même extraordinaire !

12/01/18

Incendio alla Club House dei Briganti di Librino

Ieri notte un incendio doloso ha distrutto la Club House dei Briganti di Librino e la Librineria, luoghi simbolo di aggregazione e di condivisione in un territorio difficile come Librino (qui le foto).
Con questo gesto, quei farabutti credono di aver vinto ma invece non hanno capito un cazzo: i progetti e le idee non si fermano neanche davanti al fuoco, e questa brutta vicenda renderà i Briganti ancora più forti.

Siete da sempre, e continuerete ad essere, l'orgoglio della Sicilia perbene. Orgoglioso di avere un fratello Brigante.

P.S.: Chi vuol contribuire, a "ricostruire la club house dei briganti" può inviare un contributo alle seguenti coordinate

C/C intestato a: A.S.D. I Briganti || Iban: IT 03T 03127 26201 000000190243 - BIC: BAECIT21263 - Unipol Banca.
© Federico Filetti
Maira Gall