18/12/17

Paolo Nutini - Iron Sky

Su quanto sia relativo il concetto di libertà. Nove minuti ben spesi.

06/12/17

Ultimamente Renzi va spesso in televisione ringalluzzito come il suo padrino politico. Parla di tutto: dei 5 Stelle che sono dei cattivoni, di Salvini e Meloni a cui non perdona il non aver preso le distanze dai naziskin (perchè dovrebbero, visto che sono il loro principale bacino elettorale?), delle fake news che sono la cosa più terrificante del mondo. Parla anche di Jobs Act, rivendicandone con orgoglio la paternità, di Marchionne e Farinetti che "sono due ottimi manager". Tace o balbetta, quelle volte in cui il giornalista di turno è temerario abbastanza da porgli domande scomode, sul perchè il PD non sia andato alla manifestazione di Ostia contro le Mafie (risposta: "Non conosco le vicende di Ostia"), sulla schiavitù a norma di legge subìta dai lavoratori della gig economy e dai dipendenti di Amazon (risposta: "Non conosco le vicende di Amazon"), oppure sugli accordi con i trafficanti di uomini che lo "Sbirro" (usando le parole di Gino Strada) Minniti è andato a fare in Libia pur di conquistare consenso a destra.
Leader di un partito a cui, nel giro di tre anni, ha invertito i connotati ideologici, è stato avvertito dai suoi esperti della comunicazione che il PD non fa più breccia nel cuore degli "ultimi". Detto fatto, Matteo ha aggiunto al suo glossario la frase "lotta alle disuguaglianze", come se lui non fosse uno dei responsabili del loro aumento e della loro istituzionalizzazione. Per dare continuità a questa narrazione ha fatto approvare il Reddito d'Inclusione Attiva (REI), spacciandolo, come già fece con il Jobs Act, per una misura che cambierà le sorti dell'Italia. E invece no, il REI è una misura parziale, farraginosa, sottofinanziata, con requisiti eccessivamente stringenti e che rischia di creare poveri di serie A e poveri di serie B. Basta guardarlo un minuto in TV per capire che a lui questi temi non interessano, e che sta solo cercando di intenerire quei tre o quattro indecisi che non sanno se votarlo o votare grasso. Infatti perderà sonoramente le elezioni, e credo che molti attorno a lui se ne siano già accorti.

ff

06/11/17

Odi et amo



Sicilia terra irredimibile e buttanissima. Terra di approdo e di partenza. Terra di tutti e di nessuno. Terra di grandi individualità ma non di grandi collettivi.

Il “fascista perbene” ha vinto ma è la vittoria delle forze reazionarie vestite di bianco, finte vergini ad un matrimonio in cui l’altro coniuge è vittima passiva di un sistema molto più forte di lui. Musumeci è testa di un corpo politico che non obbedirà mai ai suoi ordini, che calcerà quando lo riterrà opportuno, che si contorcerà quando il capo tenterà di imporre il suo volere. Fino a far stagnare il sangue, fino all’ipossìa.
La destra ha vinto in una terra storicamente votata alla conservazione.
La destra ha vinto a Palermo, Catania e Messina, le provincie più estese e per questo teoricamente più libere di esprimere un voto d'opinione. Ma non è così che deve essere letto il risultato di oggi. La destra ha vinto dove ci sono povertà ed emarginazione. Dove ci si vende per una scarpa, sperando che l’altra ci venga consegnata all’indomani dello spoglio. Funziona così da sempre in Sicilia. E funzionerà così per sempre.

Aspettiamoci ancora una volta di vedere il potere nelle mani di pochi. Aspettiamoci ancora assenza di progettualità, cambi di casacche, rimpasti di governo, favori agli amici degli amici. Aspettiamoci ancora gli onorevoli che tornano sul territorio per distribuire le loro mance elettorali nel fine settimana, come una nonna che regala 10 euro al nipote per permettergli di andare a prendere il gelato con la fidanzata. Aspettiamoci violenza verbale verso i migranti, vittime di un sistema di accoglienza che giammai verrà migliorato, perché troppo utile al controllo delle coscienze e del potere.

Il fiume continuerà a scorrere come ha sempre fatto, morente in estate e violento in inverno. Non ci saranno distese verdi ad attenderci, né animali al pascolo.
Non ci saranno oasi per i viandanti.
Ci sarà solo fango, e sarà lo stesso di sempre.
In ginocchio e al buio i siciliani perbene dovranno continuare a strisciare, a sporcarsi i vestiti e l’anima nel solito triste fango. Derisi ed umiliati da chi, ghignante, li osserva dall’alto verso il basso. E saranno sempre di meno a strisciare, perché andare via è spesso l’unica strada percorribile.
Andare via e tornare giusto il tempo di un bacio a tua madre, giusto il tempo di un arancino ed un cannolo alla ricotta. O di un bagno al mare.
Andare via oppure restare e decidere di isolarsi dal mondo circostante. 53 elettori siciliani su 100 non hanno votato, mentre più del 40 percento ha votato la discontinuità. Disaffezione ed insofferenza come stati emotivi verso un sistema che scientemente ci porterà ad affondare negli abissi del Mediterraneo. Una metafora dannatamente calzante, visti i tempi.

In uno stanco colpo di reni, gli isolani superstiti hanno fatto il funerale alla sinistra che guarda a destra, la quale, non sapendo che pesci prendere, attribuisce le colpe della débâcle a Piero Grasso. Uomini piccoli.
Dall’altro lato, Fava e Cancelleri sono due facce della stessa medaglia. La prima pacata e progettuale, la seconda veemente ma ancora acerba. Forze simili in quanto alimentate da un simile dissenso e belle di una bellezza dissimile ma egualmente interessante. Ci sono andati vicini, se consideriamo che le loro candidature hanno ricevuto, sommandole, la maggioranza dei voti.
Ci siamo andati vicini, questa volta, a scalzare lo status quo.
Vicini come un maratoneta che sta per tagliare per primo il traguardo di una corsa lunghissima ed aspra, inciampando però all’ultimo sprint e finendo per farsi superare da un avversario con la metà del suo talento e della sua tenacia.
Oggi mi viene più semplice immedesimarmi in quel maratoneta, mi viene più semplice comprenderne lo stato d’animo e la frustrazione.
Oggi, il giorno dopo le elezioni, non riesco ad immaginare un futuro dignitoso per la terra nella quale sono nato e, come Catullo, me ne struggo.

Federico Filetti

07/10/17

Le elezioni tedesche ci dicono molto sullo stato della sinistra in Italia

(pubblicato per Il Mosaico News in data 26 Settembre 2017)

La riconferma è costata cara al partito della Cancelliera Angela Merkel, che perde circa il 9% dei voti rispetto alle passate elezioni (32.9%) toccando il minimo dal 1950 ad oggi insieme ai social-democratici di Martin Schulz (153 seggi, 40 in meno rispetto al 2013), mentre fa il suo ingresso nel Bundestag AfD, partito della destra populista e anti-immigrati, che diventa la terza forza del Paese con il 12.6% e 94 seggi. Come in Italia ed altrove in giro per l'Europa, l'ascesa delle destre è effetto della distanza tra le forze politiche tradizionali e le masse impoverite dalla crisi.
Le dichiarazioni rilasciate poco prima delle elezioni tedesche da Matteo Renzi sono utili a spiegare come il suo partito intende risolvere questi problemi.

11/09/17

Il vento dell'intolleranza soffia forte anche a Piazza Armerina




Negli ultimi mesi mi è capitato di ascoltare spesso questa canzone ed ogni volta che l’ascolto mi pervade una strana ed inarrestabile sensazione di malinconia.

Qualche giorno fa, nel paese dove sono nato – un paesino di ventimila anime che sono solito definire come la parte più sfortunata della parte fortunata del mondo – dei migranti, ospiti di un centro di accoglienza, hanno bloccato una strada ribellandosi alle forze di polizia. I motivi della protesta non sono chiari e le uniche notizie sono relative alle condizioni di quei poveri poliziotti e carabinieri che, sprovvisti di una strumentazione idonea ed in numero evidentemente esiguo, hanno subìto in prima persona gli effetti della manifestazione.
Cerco di vederci chiaro, di carpire informazioni da fonti diverse, cercando di unirle per formulare una verità credibile… ma niente. D’altronde il mio paese è chiamato “il paese delle 100 uova”, dove la verità viene plasmata ad uso e consumo di chi ne ha bisogno.

Il vento dell’intolleranza soffia forte anche qui, dove personaggi in cerca d’autore, politici da strapazzo attratti fatalmente dal consenso costruito sulla paura, montano a neve la frustrazione di una crisi economica e sociale che nella parte più sfortunata della parte fortunata del mondo dura da almeno un ventennio. Fingono perfino disappunto quando li apostrofi come fascisti, salvo poi sorridere inebetiti subito dopo. Del resto, il vuoto pneumatico, culturale ed ideologico, di chi del mondo non ha visto nulla viene spesso riempito ripetendo pedissequamente la filastrocca del capobastone.
L’odio 2.0 è un tripudio di becera ignoranza, pressapochismo e violenza gratuita, portato avanti telematicamente senza dare peso alle parole e alle loro conseguenze: madri e padri di famiglia pronti a vomitare rancore verso l’uomo nero perché, per dirla come Brunori, “rubano, sporcano e puzzano”, suggerendo “olio di ricino e manganelli” come soluzione definitiva.
La Sicilia è una terra che da tanto tempo resiste al cambiamento, militarmente accerchiata com’è dal mare e dall’assenza di prospettive. Una terra addormentata, svegliata da un’alluvione sociale, da un esodo che non ha eguali nella storia recente. Un sonno che sta generando un mostro. A completare il quadro, l’esigua profondità d’animo di chi questa terra la vive quotidianamente, ed il processo di etnicizzazione delle rivendicazioni sociali – fenomeno comune a molti altri posti in Europa – causato dalle politiche di austerità adottate negli ultimi anni.

Penso agli effetti dell’odio 2.0 sui giovani che sono rimasti, che dall’intolleranza delle madri e dei padri traggono un pessimo esempio.
Penso di nuovo alla canzone di Brunori, quando dice che “l’uomo nero si annida anche nel mio cervello, […] quando ho temuto per la mia vita seduto su un autobus di Milano, solo perché un ragazzino arabo si è messo a pregare leggendo il corano”.
Poi mi prende la tristezza, perché penso che non riesco a reggere tutto questo pressapochismo, questa rabbia repressa pronta ad esplodere come una bomba ad orologeria.
Penso che se penso troppo poi mi viene la gastrite, che sto incazzato tutto il giorno, che non voglio più vedere e sentir parlare gli insospettabili che del loro razzismo non hanno vergogna.
Penso infine che Dio non sia ancora morto, ma anche che di questi tempi non se la passi troppo bene.

Fatemi un favore: se siete arrivati a leggere fino a qui ascoltatela la canzone di Brunori. Cercate di comprenderne il significato, ragionateci su per un po’. Poi, se ne resterete impressionati come è successo a me, fatela ascoltare a quante più persone potete.

ff

09/03/17

M5S: bufale sul web ed altre ambiguità

Pubblicato per Il Mosaico News in data 3 Gennaio 2017

Il Movimento 5 Stelle sta vivendo una fase di profondo cambiamento interno. Il processo di istituzionalizzazione iniziato con l’ingresso in Parlamento nel febbraio 2013 ha dato il via ad un percorso di evoluzione instabile e discontinuo che non è riuscito a sanarne tutte le debolezze. Il ruolo e l’affidabilità del web nel diffondere le notizie rimane una delle più grandi criticità, soprattutto in assenza di sistemi che le filtrino in base a requisiti di correttezza oggettivi. Il comportamento dei vertici del Movimento nel gestire le indagini a carico degli eletti ha evidenziato un ingiustificabile 'doppiopesismo', segno che le regole valgono per alcuni – possibilmente invisi allo staff della Casaleggio Associati – ma non per altri. A tal proposito è stata indetta una votazione sul blog nel quale gli iscritti sono stati chiamati a pronunciarsi su uno dei mantra grillini, quello delle dimissioni in caso di ricezione di un avviso di garanzia.
Ma le incongruenze dei Cinque Stelle non finiscono qui: non sono chiare le proposte economiche e sociali e non è chiaro quale ruolo debba per loro ricoprire l'Italia in Europa. Questioni non trascurabili per una forza che si candida a guidare il Paese già nel 2017.
© Federico Filetti
Maira Gall