11/04/15

Mirko e Gaetano vi ringraziano. E anche io.

Possiamo dirlo: al di là di ogni inutile (e falsa) modestia, il Festival di Primavera 2015 è stato un grande successo.
Sui social, negli tre ultimi tre giorni, abbiamo avuto modo di assistere ad un tripudio di complimenti tutti dedicati a quei due minchioni di Mirko e Gaetano, che con la professionalità ed il talento di due show-man navigati hanno fatto un enorme regalo ad una città che versa in uno stato di coma profondo.
Gli stessi Mirko e Gaetano, adesso, sentono di doversi sdebitare con chi ha supportato il loro lavoro aiutandoli nell’organizzazione dell’evento e con chi, più semplicemente, è venuto al Teatro a godersi lo spettacolo.
In una tiepida giornata primaverile, finita la “sbornia” del post-festival e ritornato alla vita di tutti i giorni, ho raccolto da loro alcune dichiarazioni, che riporterò qui sotto senza nessun tipo di editing. Nella speranza che il significato più profondo delle loro parole arrivi alle vostre coscienze con la stessa dirompenza con la quale sono arrivate alla mia.

Gaetano Pecoraro: ”E’ stato uno spettacolo organizzato per mettere in luce le varie forme artistiche, presentandole congruentemente al contesto, per sensibilizzare e per far vedere che non è necessario vivere in Germania, o in America, o al nord Italia o in qualsiasi altro posto del mondo, per provare a fare qualcosa di straordinario anche nell'entroterra siculo.
Le cose grandi si fanno se una persona decide di mettersi in gioco.
Inoltre, il festival non deve essere valutato soltanto come spettacolo teatrale in se, ovvero il prodotto teatrale finito, ma per quello che è riuscito a creare in termini di coesione, di atmosfera, di spirito.
La foto del selfie pubblicata da Giuseppe di Vita spiega esattamente cos'è stato il festival: quell'entusiasmo per esser stati partecipi a qualcosa di straordinario, quel non sentirsi soli dentro al proprio mondo, quell'essere consci che ognuno di noi è stato un tassello che messo assieme agli altri non era invidiabile a nessuno dei mosaici della Villa Romana.
Eravamo tutti consapevoli e vogliosi di creare qualcosa di bello per il semplice piacere di metterci in gioco assieme: io da solo non ci sarei mai riuscito neanche fossi stato Fiorello. Il fatto di essere stato un gruppo ha fatto la differenza: da soli si partecipa, assieme si vince sempre e noi abbiamo vinto, perchè il pubblico ha visto un gruppo di amici sul palco."

Mirko Milazzo: ”Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. Da questa legge della fisica, tanto odiata dagli studenti, ma importante per la scienza, possiamo dire che nasce questo nuovo Festival di Primavera. Il nostro spettacolo, giunto alla sua quarta edizione, si è radicalmente trasformato da un contest tra artisti ad un varietà ispirato ai varietà RAI degli anni ‘70. Perché? Beh, forse perché è un'idea che nasce da menti che amano il teatro il cinema e la televisione, o meglio ancora perché forse volevamo osare per vedere e far vedere che stiamo crescendo non solo fisicamente e mentalmente, ma anche nella nostra passione: fare teatro, recitare.
Duro è stato il prefestival. Grandi le difficoltà trovate sia per il montaggio dello spettacolo in se, dal momento che il format doveva essere rinnovato, sia perchè non avevamo più la "scuola", il liceo, dietro le nostre spalle a sostenerci, economicamente soprattutto. Ma grazie al contributo di molte persone ed amici, possiamo dire che siamo riusciti nel nostro intento.
Non per vanto, ma lo conferma il sold out della Serata.
L'idea di regalare un momento di leggerezza per far staccare la spina dalla banale quotidianità alle persone nasce dalla voglia di far vedere e capire che con l'impegno ci si può anche divertire e offrire al nostro paese spunti sul quale riflettere. Questo nuovo festival parte anche da questo, infatti grazie agli ospiti che, gratuitamente, si sono esibiti sul palco, e a qualche momento serio tra monologhi e poesie, ci siamo soffermati a far riflettere il pubblico sulla vita da cittadini, ma soprattutto da ITALIANI. Siamo sempre abituati a dare la colpa al politico corrotto, agli immigrati, al medico che non c'è, al vigile che sta al bar a bere il caffè. Sarà pure vero, ma per un attimo assumiamoci le nostre responsabilità. Ecco, noi ci siamo interrogati su questo e da ciò abbiamo voluto creare questo “frankenstein” che ha continuato a portare il nome di "Festival di primavera" accompagnato però da un sottotitolo che è diventato la summa della serata: Tutto il mondo è un palcoscenico. Molti sono i grazie che dobbiamo alle persone, ai nostri amici che ci hanno supportato e sopportato, all’amministrazione e al sindaco Miroddi, che ci ha concesso di usufruire gratuitamente del teatro e del Service, ed in particolare a Francesco e Giovanni Urzì. Un ulteriore grazie va a Biagio Cilia, regista dei nostri promo, ex compagno di classe e amico che collabora con noi alla regia di quasi ogni nostro spettacolo. Per ultimo, ma non perché sia il meno importante, sento di ringraziare il "nostro" pubblico che come sempre ci dimostra il suo affetto. Stiamo già pensando al prossimo anno, le idee sono molte e chissà proprio partendo nuovamente da quella teoria fisica il festival potrà anche cambiare nome, ma non vi preoccupate noi di certo, non cambieremo."

A margine, vorrei esprimere alcune mie riflessioni su questa esperienza.
Durante queste settimane, il mio compito è stato quello di gestire la pubblicizzazione mediatica del Festival. Ho scritto, corretto, riscritto un fiume di parole. Ho messo il mio tempo e le mie abilità nelle mani di Mirko e Gaetano, al servizio di una causa che condividevo. Ho realizzato che il fine, come durante PiazzaPulita, non è quello di non sfigurare la sera della manifestazione; ho capito che il fine, ora come allora, è quello di smuovere le coscienze. E che il mezzo, l’unico vero e possibile mezzo, è l’arte. Il primato dell’arte come ultimo baluardo contro l’oblìo al quale saremo inevitabilmente relegati, visto il fallimento politico, morale ed ideologico di cui siamo tutti testimoni e di cui la nostra generazione è vittima, più o meno consapevole.
E’ questo il più grande tesoro che ho avuto modo di raccogliere dal Festival.
Non avrei mai potuto immaginare una così larga partecipazione da parte del pubblico ed una così forte eco mediatica per un evento che è nato e si è sviluppato soprattutto sui social.
Per questo motivo sento di dovervi ringraziare: a nome mio, a nome di Mirko, a nome di Gaetano e a nome di quella ventina di ragazzi (quasi tutti emigrati, è necessario sottolinearlo) che, quasi senza volerlo, si sono ritrovati a far parte di un collettivo nel quale il più grande valore è l’amore per il proprio territorio e nel quale la diversità – in questo caso intesa come interdisciplinarità- è l’unico strumento attraverso cui questo amore si concretizza.

Presto tornerete a sentir parlare di noi.

Federico Filetti
© Federico Filetti
Maira Gall