(pubblicato per Il Mosaico News il 4 ottobre 2016)
Liquidato con due righe di un post-scriptum sul Sacro Blog: finisce così la storia del primo sindaco a 5 Stelle.
Nessuna spiegazione nel merito dei problemi che erano stati posti da Pizzarotti, nessuna autocritica. Deputati e Senatori che, a precisa domanda dei giornalisti, sguisciano via come una saponetta bagnata dalle mani di chi la usa.
Del Movimento che metteva la comunità, l’orizzontalità e il dibattito – serio e costruttivo – al centro dell’arena politica è evidentemente rimasto ben poco.
Di quel Movimento, nato tra Reggio Emilia e Bologna nel 2009, sono rimaste poche persone, sostituite sempre più spesso e sempre più velocemente da yes-man timorosi dell’autorità e da uomini e donne incapaci di valorizzare il dissenso interno. Il processo di massificazione (di cui parlavo qui nel maggio 2012) non è stato guidato nel giusto modo, secondo me per paura che la strutturazione potesse indebolire la crescita nei sondaggi.
Finisce così la storia della Stalingrado Emiliana, pochi giorni dopo Italia a 5 Stelle, evento che ha segnato l’inizio della fase 2 (o forse 3) del Movimento. E la tempistica non è di certo casuale.
Da attento spettatore del dibattito politico non ho potuto fare a meno di notare i contorni grotteschi di questa evoluzione e le sempre più grandi contraddizioni insite nel cambiamento di paradigma del dogma grillino.
Ci sono delle domande che mi rimbombano in testa sempre più di frequente. Domande a cui nessuno, ai piani alti del Movimento, pare voler dare risposta. Silenzio che offende le intelligenze di chi ha creduto – e di chi continua a credere – nella “rivoluzione gentile” di cui Grillo era profeta fino a quattro/cinque anni fa.
Chi ha deciso la nomina a capo politico di Grillo?
Chi ha deciso le modifiche del Non-Statuto?
Perché le scelte più importanti per la vita del Movimento vengono sempre più spesso prese a porte chiuse nelle stanze di non si sa bene quale hotel?
Perché queste scelte vengono solo ratificate dalla rete e non discusse in maniera corale, come invece si faceva in principio?
Perché l’impossibilità di creare una rete di amministratori ed eletti, come chiesto a gran voce e per molto tempo dallo stesso Pizzarotti?
Perché il passaggio dinastico del potere politico (e non di quello meramente aziendale) da padre in figlio?
Una delle possibili risposte comuni a queste domande è che il motto che ha fatto la fortuna del Movimento, “Uno vale Uno”, è stato sostituito da “Uno vale Uno….finchè qualcuno non decide il contrario”.
Questa frase, in un passato abbastanza remoto usata come contro-argomentazione dai primi detrattori del Movimento, si è ormai affermata come un fatto incontrovertibile. E dovrebbe essere un atto di onestà intellettuale ammetterlo.
Così come dovrebbe essere un atto di onestà intellettuale ammettere che negli ultimi mesi il livello del dibattito politico all’interno del Movimento è calato spaventosamente: i temi, quelle Cinque Stelle in cui milioni di persone si riconoscono, sono stati sostituiti da un’opposizione cieca, che guarda prevalentemente al colore del nemico politico e guarda sempre meno in faccia alla bontà delle argomentazioni.
Tutto questo è, francamente, inaccettabile.
E’ inaccettabile anche vedere due leaderucci – Di Maio e Di Battista –, scelti in virtù della loro efficacia mediatica, acclamati da migliaia di persone indipendentemente dal contenuto, spesso ambiguo, della loro narrativa.
E forse è proprio questo il problema: l’applauso scisso dal contenuto. Filo che lega trasversalmente la politica italiana a tutti i livelli. Non c’è più il tempo, e mi verrebbe da dire la voglia, di mettere in discussione le argomentazioni. Orde di Zombie che si svegliano e, come nella serie tv The Walking Dead, iniziano a ripetere acriticamente la filastrocca vomitata dal proprio leader. Nell’epoca dell’informazione di massa è l’incapacità di essere critici ed autocritici a legittimare comportamenti come quelli visti negli ultimi mesi nei 5 Stelle e negli ultimi 20 anni negli altri partiti.
Esserne consapevoli è, secondo me, il primo passo per costruire una coscienza politica collettiva degna di questo nome.
ff
Nessun commento
Posta un commento