05/11/25

Un aneddoto personale che forse può aiutare a capire la vittoria di Mamdani a New York

Una mattina di circa un mese fa un ragazzo ha bussato alla porta di casa mia. Apro, il ragazzo si presenta e mi porge qualche volantino. È uno degli eletti al municipio del quartiere di Londra nel quale vivo, Hackney. Un lontano passato industriale, vittima negli ultimi 15 anni di un rapido e dannoso processo di gentrificazione. Ci vivono tanti ragazzi e ragazze della mia età che lavorano perlopiù nell’industria creativa, giovani coppie con bambini, ma anche uno zoccolo di vecchi residenti da redditi e prospettive di vita non paragonabili a quelle dei nuovi abitanti. Fino ad una ventina di anni fa i prezzi in questa zona erano bassi perché lontana dal centro e generalmente collegata male dai trasporti pubblici. I prezzi bassi hanno quindi iniziato ad attrarre nuovi abitanti, hanno iniziato ad aprire caffetterie e ristoranti fighetti, le industrie chiuse (le classiche industrie inglesi di mattoni rossi e ciminiere altissime) sono state acquistate e riadibite a pub e locali con vista sul canale. E ovviamente i fondi d’investimento sono arrivati e hanno iniziato a comprare lotti di case facendo schizzare in alto i prezzi per chi vuole acquistare, e decidendo i prezzi di chi vuole affittare. Non è successo solo nel mio quartiere, e neanche solo a Londra. Succede a Parigi, a Milano, a Bologna, a Firenze, a Dublino, e ovviamente anche a New York. 

Dicevo, il ragazzo bussa alla mia porta e porgendomi il volantino si presenta in quanto eletto del Labour (il celebre partito socialdemocratico inglese, che come tutti i partiti social democratici in Europa dagli anni ’90 ha sposato la causa del capitalismo a scapito delle classi popolari) nel mio municipio. Mi chiede cosa il suo partito, e lui in quanto eletto, può fare per me. Gli spiego che da ottobre il mio affitto è aumentato di 30 sterline al mese (360 sterline all’anno per me, 1080 sterline all’anno in totale per i tre inquilini che siamo). Gli spiego che quando sono arrivato a Londra tre anni fa l’affitto e le spese impattavano dal 35 al 40% del mio stipendio, mentre adesso arrivo quasi al 50%. Lo guardo negli occhi per testarne le reazioni. La comunicazione non verbale dice spesso molto di più di quella verbale. Aveva la risposta pronta: ricambia lo sguardo e mi spiega che il municipio offre supporto per gli affittuari se pensano che i proprietari stiano commettendo ‘abusi’. Gli spiego che no, non c’è nessuna condotta scorretta da parte dei proprietari – che io tra l’altro non so neanche chi siano, perché è un fondo d’investimento e la casa è gestita da un’agenzia con la quale mi interfaccio per tutte le eventualità. Gli spiego che la regolamentazione del mercato immobiliare di Londra permette di rinnovare i contratti di affitto di anno in anno, e alla scadenza puntualmente arriva un rincaro. “Se lasci la casa la affitto a 800 sterline in più, in dieci minuti”, ti dicono. Ed è vero. Aggiungo che quindi è un problema di legislazione, di quale idea si ha del presente e del futuro dei cittadini del mio quartiere in particolare, ma di Londra in generale. Gli dico che un partito non dico di sinistra, ma almeno di centro sinistra dovrebbe porsele certe domande. Comunicazione non verbale. Il ragazzo abbassa lo sguardo e sorride. “I know, I know”, lo so, lo so, mi dice tenendo bassa la testa. “Ma il Labour di Hackney non è il Labour nazionale”. Ci tiene a rimarcare la distanza tra la base e il vertice del partito. 

Mi chiede cos’altro può fare per me e per i cittadini di Hackney, se penso ci sia qualche altra priorità. Gli dico che il quartiere è pieno di giovani coppie con figli piccoli. Che un mio amico e collega che vive vicino casa mi ha detto che un figlio ad Hackney costa 1500/2000 sterline al mese, e lui ne ha due. Gran parte di queste 2000 sterline se ne vanno tra nido e piscina. E che mentre qualcuno ha il budget per poterselo permettere, la maggior parte delle persone questo budget non ce l’ha. Io non ce l’avrei neanche lontanamente, per esempio. Poi iniziamo a parlare di trasporto pubblico. Gli spiego che il treno passa una volta ogni 15 minuti, che nelle ore di punta è impossibile salirci perché è pieno a scoppiare, e che vicino ci sono solo due autobus che di giorno passano ogni 10 minuti (se non c’è traffico), e di sera o nel weekend ogni 15/20. Di conseguenza, andare a lavoro è un’odissea che dura 50 minuti ad andare e altri 50 a tornare quando va bene, e che comunque la sera la Transport for London – l’azienda di trasporti locale – mi fa pagare dalle 6 alle 8 sterline per i due tragitti. E io sono un privilegiato, visto che lavoro due giorni alla settimana da casa e quindi posso risparmiare soldi e sanità mentale. Lo osservo di nuovo. Scuote la testa sussurrando “I know, I know”, lo so, lo so. 

Lo ringrazio e mi scuso di avergli rubato del tempo prezioso. Con la famosa cordialità inglese mi ringrazia anche lui e mi offre la sua disponibilità per qualsiasi evenienza, mi parla brevemente degli altri eletti al municipio nel suo stesso partito e mi ricorda che il Labour di Hackney non è lo stesso Labour che guida la nazione. Ci tiene a marcare le distanze. Ci salutiamo e chiudo la porta. 

Nei giorni successivi ho pensato un po’ a questa conversazione. Ridacchiando per la rottura di palle che si è dovuto sorbire sto ragazzo, che se avesse suonato al campanello accanto si sarebbe potuto risparmiare. Che poi non posso neanche votare, a maggior ragione visto l’inasprimento delle regole sulla cittadinanza che il suo partito ha proposto. Piacevolmente sorpreso di vedere che c’è gente eletta che ancora va a bussare alle porte dei cittadini rischiando i cazziatoni, invece di delegare le proprie relazioni pubbliche ai social. E infine anche incuriosito da questa sua netta e ripetuta presa di distanze tra il partito a livello locale, attento e vicino alle esigenze dei cittadini, e quello nazionale, che invece continua a inseguire la destra sul terreno della destra (per cui ovviamente spianando il terreno alla destra, che ad una certa se li mangerà come successo in Italia). Poi non ci ho pensato più fino a stamattina, quando bevendo il caffè ho letto che Zohran Mamdani, il candidato democratico indipendente, ha battuto quel vecchio trombone di Cuomo ed è diventato sindaco di New York. 

Negli ultimi giorni avevamo visto un disperato tentativo dell’élite della città di sostenere Cuomo. Si è scomodato anche Trump, presidente repubblicano e noto ‘palazzinaro’ di New York dicendo che “un cattivo democratico come Cuomo è meglio di un comunista (non un social democratico, ma un comunista) come Mamdani”. Mamdani ha vinto con una piattaforma politica chiara: più case popolari e controlli ai prezzi degli affitti per gestire la crisi abitativa, asili nido e trasporti pubblici gratuiti da finanziare tassando i ricconi di New York. Una città a misura dei suoi cittadini, e non più a misura di pochi ricchissimi speculatori senza volto né nome. Come il mio nuovo amico del Labour di Hackney, anche Mamdani si è fatto conoscere nei quartieri andando a bussare a casa delle persone. Come il mio nuovo amico del Labour di Hackney, anche lui è perfettamente consapevole dei problemi di chi vive nelle grandi città senza essere ricco, e anche lui ha marcato con forza la distanza fra se stesso e la sua base dalle gerarchie del partito. Mamdani ha usato questa piattaforma politica e ci ha vinto un’elezione insperata ed importante. Speriamo che il mio nuovo amico del Labour di Hackney smetta di guardare a terra sconfitto e prenda coscienza che la gente normale, quella che lavora, sarebbe felice di appoggiare una piattaforma politica come questa. E da buon emigrato quale sono, spero che succeda lo stesso in Italia.
© Federico Filetti
Maira Gall